Il Posatore

 

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È iniziato l’anno nuovo e, come vuole tradizione, tutti gli orientisti della Venezia Giulia e buona parte di quelli del Friuli vanno in Carso a buscarsi qualche malanno partecipando al CIOC: il Circuito Invernale Orienteering Carso, una serie di gare che si tengono nei dintorni di Trieste, ovvero una delle zone con il clima più ventoso e, quasi di conseguenza, rigido del nord Italia, fra gennaio e marzo, ossia i mesi più freddi dell’anno; una genialata, insomma.

[Foto di Roberto Colucci, tratta da Meteoweb.eu]

Gli orientisti, manco a dirlo, non percepiscono minimamente l’assurdità dell’iniziativa, anzi si rallegrano moltissimo per l’evento, grazie al quale possono continuare a praticare il loro meraviglioso sport sostanzialmente tutto l’anno, come, peraltro, il considerevole afflusso di atleti a gare di carattere promozionale testimonia.

Sempre come vuole la tradizione, l’organizzazione della prima tappa, nella prima domenica dell’anno è appannaggio della nostra giovane, ma rispettabile società.

 

27 dicembre

A causa dell’organizzazione della promozionale a sequenza libera del 29 dicembre, la Famiglia Presidenziale passa senza soluzione di continuità da una gara all’altra e l’equilibrio ne risente un po’.

Me ne accorgo quando, dopo l’ennesima telefonata, Zzi viene ad annunciarmi che abbiamo un nuovo posatore per il 5 gennaio.
“Ah, bene” – faccio senza staccare gli occhi dal programma con cui faccio i disegnini per Larrycette – “Ti risparmiano, stavolta?”
“No, ma ce n’è uno in più, facciamo comunque prima”
“Bene, bene. Chi è?”
“Indovina”
“Eh… Il Celere Capellone!”
“No, lui vuol fare la gara”
“Il Dinamico Matematico”
“Già arruolato, un altro”
“Il Brioso Ballerino”
“No”
“Eh… il Previdente Presidente e la Fascinosa Figlia sono già arruolati… boh? Marko con la K?”
“No”
“La Costruttiva Consorte?”
“Ma no, ha già fin troppo da fare con la segreteria”
“Eh… appunto… non saprei… CP???”
“Ma va’, poverino, mica possiamo traumatizzarlo subito”
“No, appunto… non lo so, mi arrendo”
“Ti arrendi?”
“Sì, dai, dimmelo”
“Tu”
“…”
“…”
“…”
“…”
“Non ho capito”
“Tu”
“No, sì, ho sentito. Ma non ho capito”
Tu. Fai tu il posatore

“…”
“…”
“MA SIAMO DIVENTATI SCEMI???
Non trovo i punti quando sono segnalati da enormi bandierine bianche e rosse e ci sono frotte di persone che ci si precipitano sopra, e pretendiamo che li individui con precisione quando non c’è niente?
In Carso, per giunta, dove, quando la descrizione punti ti dice “buca poco profonda”, al minimo arrivi in un prato che è tutto una gobba e devi essere un profiler di Criminal Minds per capire quale di quelle 42 buche è l’unica che il cartografo ha ritenuto di sufficiente rilevanza per essere segnata in carta?
E poi io di notte nel bosco a spostare gli orsi non ci non ci vado, fa un freddo porco, piove – perché alla prima tappa del CIOC piove per contratto -, è buio, non si vede un belino, ci sono i cinghiali, le bestie feroci, le farfalle-vampiro (nuova specie, appena classificata) che mi vogliono mangiare e le lumache-missile.
È un’idea della minchia, come cazzo ti è venuta?, farò un casino, faremo una figura di merda interplanetaria, adesso lo chiami e gli dici che ci hai ripensato e che fate posare qualcun altro”
“È un’idea del Presidente”
“Ah” faccio trattenendo un ghigno lusingato.
“Dice che secondo lui ce la fai benissimo”
“Ah, non glielo hai chiesto tu?”
“No, è un’idea sua”
“Ah. Ma no lo stesso, ci sono i mostri e comunque non sono capace, farò casino, non è proprio il caso” ribadisco tutta gongolante per la dimostrazione di stima.
“Pensava di farti posare quelle più vicine del percorso dei ragazzi, che sono tutte sui sentieri”
“Ah. Beh, certo” annuisco ridimensionando moltissimo la stima percepita.
“E comunque viene con te il Dinamico Matematico”
“Ah, giusto” proseguo delusissima, avendo compreso di non essere minimamente ritenuta in grado di svolgere il compito e di servire solo a camallare le lanterne.
“Perché è dura piantare paletti in Carso, ci vuole uno abbastanza forzuto da piantare un tondino, se serve”
“Oh” faccio tutta rincuorata, sentendomi fuori dal limbo dei caddie e di nuovo proiettata nel firmamento dei posatori a tutti gli effetti.

Ecco, dunque, nel giro di pochi minuti sono stata agevolmente raggirata e sono passata dal non voler fare una cosa che detesto al desiderare ardentemente che mi venisse concesso di farla.
Ormai completamente fagocitata dalla mia stessa allucinazione, prendo l’incarico come una missione e pianifico un primo sopralluogo.

 

 

 

 

Dal diario del posatore

CIOC 2014 – 1ª tappa: Padriciano

 

2 gennaio

Data la gara domenica 5 gennaio e dato il giro di ricognizione con il Presidente sabato 4, si ritiene che per me sia comunque necessario un sopralluogo aggiuntivo, così il Presidente mi dà le carte dei percorsi brevi, e io giovedì 2 mi armo di biglietto dell’autobus dell’anno prima (sono ancora validi, non fare mai una cosa trasgressiva e incivile come prendere il bus senza biglietto) e parto alla volta di Padriciano sulla mitica corriera numero 39.
Non mi sono ancora ripresa del tutto da Capodanno e quasi lascio la colazione sulle curve dopo l’Università, ma siccome questo autobus passa ogni quaranta minuti, di scendere e prendere quello dopo non se ne parla, così desidero fortemente scendere già a Basovizza.

Tra questo e il fatto che non ho idea di quale sia la mia fermata (sebbene non sia la prima volta che vado ai campi della società in autobus), inizio a manifestare presto irrequietezza, così una signora si interessa su dove devo scendere.
“Campi da tennis”
“Cara, sono dall’altra parte, sull’altra strada, devi scendere e attraversare il paese”
“Mmm, ma no, più o meno riconosco il posto, devono essere tra poco”
“No, no, sono dall’altra parte”
“E va bene, scendo”

Mi butto giù alla fermata dopo la Trattoria Dolina, ma sono sicura che le strutture della nostra giovane, ma rispettabile, società siano più avanti, quindi proseguo verso la fermata seguente, presso la quale, infatti, trovo l’edificio giallo degli spogliatoi e della sala.
Certo, me lo sarei aspettato dalla parte opposta della strada perché avrei giurato di stare arrivando da sud anziché da nord, ma è un dettaglio da nulla.
L’importante è essere arrivati: io, il mio stomaco, il suo contenuto, ma, soprattutto, carte e bussola.

L’atmosfera è lugubre, l’ambiente ostile. Nell’aria, solo il ronzio dei cavi dell’alta tensione. Mando a Zzi un sobrio messaggio per informarlo del fatto che sto per procedere al sopralluogo:

Se muoio, da’ la mia bussola allo Speaker e il mio GPS al Principe Consorte.
No: fa’ il contrario, perché il mio GPS è più facile da usare di quello che lo Speaker già ha. 

Addio, ti ho sempre amato 
PS: non far toccare le mie borsette da mia madre, non ne capirebbe la metà: seppelliscile con me o dalle alla Giraffa, ma non permetterle di farmi fare la lapide rosa! 

Come pattuito, vado a vedere i punti “al di sotto del sentiero grande” relativi al percorso corto, più quelli in cui riesco ad arrivare afferenti agli altri percorsi.
Comincio proprio da questi, giacché so che non li farei quando il mio già scarso senso del dovere fosse già appagato dal completamento del percorso breve.

Procedo, dunque, a cercare i punti, tentando di constatare la presunta corrispondenza fra carta e terreno.

Il terreno non è particolarmente accidentato.
Non fa freddo.
Non piove.
Non mi scappa la pipì.
Mi è passata la nausea, ma non mi è ancora venuta fame.
Non volano insetti.
Che cazzo, non so di cosa lamentarmi!

Procedo, invero, un po’ lentamente.
Il GPS darà una media di 24 minuti al chilometro, ma insomma, mi sono anche fermata a fare fotografie per testimoniare a Zzi e al Previdente Presidente che ho svolto la ricognizione e – soprattutto – per chiedere lumi sulla precisa posizione di alcune lanterne, giacché ho parecchi dubbi, anche se non sono mancati i casi in cui ho scattato trionfante la foto al punto che un bocconcino di scotch di carta diceva essere quello corretto.
Un paio di volte attacco il punto in maniera suicida, nel senso che passo nel posto più pericoloso possibile perché non ne vedo altri, ma in linea di massima mi rendo conto di non avere una mazza di cui preoccuparmi se non tenermi gli incisivi in bocca, e me la prendo comoda.

Solo alla fine me la filo alla svelta, per non perdere la corriera che torna in città, la quale, però, mi sfreccia sotto il naso dieci minuti prima del previsto, quando io sono già alla fermata, ma sto mandando il resoconto del mio operato al mio manager, via Ruzzle, e non faccio in tempo a buttarmi sotto le ruote per fermarla.

A casa, scoprirò che tutta questa fatica è stata ripagata con la prima zecca dell’anno, bella vicino all’occhio.

 

4 gennaio

Il sabato precedente alla gara, mentre aspettiamo che i nostri amici vicentini con i quali abbiamo trascorso il Capodanno arrivino a Trieste, Zzi ed io torniamo con il Previdente Presidente sul luogo del misfatto.

Nel frattempo il piano è cambiato, e nella posa sarò affiancata dalla Fascinosa Figlia.
O la ragazza è straordinariamente forzuta o, in un impeto di lucidità, sono stata di nuovo declassata a camallo.

Mi rallegro nel constatare che avevo individuato correttamente la maggior parte dei punti.
Alcuni non corrispondono perché il tracciatore (il previdente Presidente, ça va sans dire) li ha cambiati nel frattempo, altri perché in effetti li ho sbagliati, ma almeno erano gli stessi sui quali avevo dubbi; sarebbe stato peggio se fossi stata sicura di qualcosa di errato.

Questo giro mi pare non finire mai.
Ad ogni punto si ripete la pantomima in cui io provo a piantare il paletto, il paletto non entra nel terreno perché dopo 15 centimetri trova una pietra, si decide di mettere un tondino, si fa un concistoro per stabilire l’esatta posizione del tondino, il Previdente Presidente pianta il tondino e mi spiega come dovrò, poi, fissare il paletto al tondino e si mettono fettucce di nastro carta con il codice della lanterna sul tondino e su un ramo nei pressi, per maggiore visibilità.

 

Dopo una manciata di punti, vengo dispensata dall’assistere alla conficcatura del tondino, così, mentre i maschi piantano, rudi, tondini nella roccia carsica, io procedo verso la lanterna successiva, che raggiungo maldestramente, riducendo a pochi secondi i miei due o tre minuti di vantaggio.

Dopo una dozzina di questi tira e molla, proclamo che sono ufficialmente stremata e che me ne torno in macchina, mentre Zzi e il Previdente Presidente vanno a vedere ancora un paio di punti che non mi riguardano.
Lungo la strada, apprendo anche che dovrò mettere anche un cinghialetto, ovvero un cartello con disegnato un cinghiale arrabbiato, che indica ai più piccini che stanno andando dalla parte sbagliata. Prendo nota mentalmente di scrivere al Sommo per chiedere ufficialmente l’introduzione dei cinghialetti anche nei percorsi delle categorie superiori, almeno in regione, tanto siamo a statuto speciale.

Al termine, portiamo a casa propria il Presidente, e qui vengo soccorsa dalla Costruttiva Consorte e dalla Fascinosa Figlia che, rispettivamente, mi appendono al calorifero e mi fanno un tè, lasciandomi ingozzare di wafer.
Non so se vi ho mai parlato della mia passione per i wafer: sono uno dei miei passatempo preferiti.

Zzi mi ha raccontato che stavo talmente male che parlavo pochissimo e non finivo le frasi, ma mi sembra improbabile.

 

5 gennaio

Il momento è arrivato.
Usciamo di casa con il buio e andiamo a prendere la Fascinosa Figlia.
Naturalmente piove.
Naturalmente  non abbiamo torce e non si vede a un palmo dal naso.
Dopo pochi minuti da che la giovane è salita in auto, ci accorgiamo che non abbiamo preso non-mi-ricordo-già-più-che-cosa, e torniamo indietro. Siamo leggermente in ritardo sulla tabella di marcia, ma intanto l’alba si fa più vicina, e non riesce a dispiacermi.

È talmente buio che non si leggono i codici delle lanterne sulla carta.
Per fortuna, ciascun posatore deve posare solo 10 o 12 punti e porta con sé, oltre ai teli, i pali, le forbici, le fascette e la mazzuola, solo le centraline che deve posare, quindi possiamo andare per esclusione.
Ad esempio, non capiamo se il primo punto è 53, 54 o 57, ma fortunatamente nel nostro kit del provetto posatore c’è solo la centralina 57.
La prossima volta, però, portiamo una torcia comunque.

I cinghialetti da distribuire lungo il percorso sono diventati cinque, e ciascuno richiede il tempo di tre lanterne perché non è fornito di adeguato supporto. Per quanto la Fascinosa Figlia sia abilissima a fare scubidù di spago per tenerli su, sulla gestione dei cinghialetti possiamo migliorare.
La Fascinosa Figlia – apprendo in questa occasione – è anche un’esteta e tiene molto a disporre bene i cinghialetti.
“Mmm… che dici?”
“Si vede benissimo, dai, andiamo avanti”
“Ma è un po’ storto
“Ma tra cinque minuti fanno le premiazioni e noi abbiamo ancora sette punti da posare. Tanto, se si devono perdere, si perdono lo stesso”
“Mah… insomma…”

Nonostante i fottuti cinghialetti, posiamo tutti i punti per tempo.
Ci viene una mezza crisi di nervi quando il ramo che indicava il punto in cui conficcare il palo nella roccia quasi si spezza, con il rischio di non riuscire tirarlo fuori e non poter, quindi, collocare la lanterna al suo posto, ma ce la caviamo egregiamente, tanto che, poi, il Celere Capellone – che ha ritirato le lanterne sotto il diluvio – dirà che abbiamo posato talmente bene che non è stato in grado di capire quali fossero posate da noi e quali da Zzi.

Quelle posate dal Dinamico Matematico erano, invece, evidenti, perché ha usato una tecnica segreta che ha lasciato tutti ammirati.

Quando arrivano gli atleti, noi stiamo già bevendo il nostro tè, che sa di frizione perché ci siamo dimenticati i bicchierini e lo beviamo dal tappo di gomma del thermos, ma con tutta l’umidità raschiata nel bosco, sembra, se non buonissimo, ugualmente gradevole.

La Regina della Bussola e il Principe Consorte mi vedono coperta di fango dalla testa ai piedi e mi sgamano subito, oppure bluffano bene (ok, non ci vuole un fenomeno a bluffare con me).
“Non avevi detto che andavi a posare”
“Chi te lo ha detto? È questo il concetto di “segreto” che ha lo Speaker? Ah! Tradimento!!! Parla! Da chi lo hai saputo? Da chi?”
“Da te, adesso”
“… mmm…
Comunque la prossima volta che muoio, col cazzo che ti lascio in eredità la bussola!”

Bussola che, a proposito, non trovo da domenica.
Chiunque avesse trovato una bussola da dito Moscow da mano sinistra, con l’elastico verde, visibilmente poco e mal usata, è gentilmente pregato di farmela riavere.
Avete la certezza che sia la mia perché le è stata amputata la lente di ingrandimento e vi supplica di non riportarla da me.

6 Responses to “CIOC 2014, 1ª tappa: PADRICIANO – Dal diario del posatore”

  1. […] Molteplici fattori, si diceva, mi hanno tenuta un po’ distante dal computer negli ultimi giorni: la scoperta della serie TV Downton Abbey, in primis, di cui ho visto due serie complete in due giorni, incrostata nel mio divano di dolore, perché ammalata a causa del principale motivo del mio assenteismo: la prima tappa del CIOC. […]

  2. Francy ha detto:

    Mi pare che la tua carriera orientistica stia proseguendo a grande velocità’ e con ottimi risultati!!! Nn puoi che essere orgogliosa e soddisfatta di aver riscoperto in te doti nascoste…sei multi tasking, si dice così?

  3. Larry ha detto:

    Sei la seconda o terza persona che me la mena con il “multitasking”, suona vagamente come una presa per i fondelli… “vagamente”, eh?
    🙂

  4. […] Il testo e le splendide immagini di questo toccante racconto sono pubblicati qui […]

  5. […] sfuggire, l’ultima volta che avevo calcato i campi di gara era stato in occasione della prima tappa del CIOC, in veste di posatore ausiliario. Era stata anche l’ultima volta che avevo visto la mia […]

  6. […] back”), però, non era stata l’unica conseguenza della mia esperienza di posatore quasi-qualificato alla prima tappa del CIOC: la permanenza nel bosco – verosimilmente quella di sabato 4, ma anche domenica 5 sotto la […]

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