La quarta gara di Lipica Open 2015 dovrebbe svolgersi a Grivče, invece si corre in Abruzzo, o almeno così mi è parso a prima vista, prelevando la cartina che vedete qui sotto dal cestino collocato al bordo dell’ennesimo sentiero per alpinisti esperti, inerpicato sulla cima di un monte dove non vanno neanche gli eremiti.

Ovviamente, di distinguere il tracciato dal disegno non se n’è parlato neanche questa volta.

AGUZZATE LA VISTA:

Carta di Grivče:

Carta della quarta gara di Lipica Open, Grivče

Carta dell’Abruzzo (immaginatela girata di 30° in senso orario):

La mappa dell'Abruzzo

Superato l’iniziale smarrimento, entro a piè pari nello smarrimento vero, quello fra la partenza e la prima lanterna.

Purtroppo non parlo di smarrimento fisico, bensì esistenziale: non mi perdo, so dove sono, so dove devo andare e capisco che c’è una sola via per farlo: quella che passa sulla pendice del monte, fa la barba alla macchia di verde tre e fila dritta verso sud parallela alla curva di livello.

Un’angoscia che non vi dico (ma che il colore della traccia del Garmin esprimerà meglio di me):

Orienteering-Grivce-Lipica-Open-2015-01

La strada per le lanterne successive non è migliore, tant’è che già alla terza ho il cazzo pieno di pendenze ed equilibrismi, che non sono esattamente la mia specialità, e la mia relazione con l’orienteering giunge a un punto critico: forse lo voglio lasciare.
Già non lo amo, non l’ho mai amato, non possiamo stare insieme solo perché lui mi fa la corte e mi lusinga: fa male a me e non è giusto nei suoi confronti che io continui a prenderlo in giro.

Alla terza lanterna mi sto già cagando in mano, sulla discesa sono malferma perché le gambe mi tremano e decido che è il momento di fare una pausa di riflessione.
Mi siedo un paio minuti a calmarmi, nel frattempo guardo tutta la cartina e decido il da farsi, sulla base di cosa mi aspetta.

Orienteering-Grivce-Lipica-Open-2015-02

Anche se non sono tanto tranquilla, perché so di non essere tanto brava a leggere le cartine, mi pare che il peggio sia passato.
Diamo un’altra occasione a questo fidanzato stronzo, che non fa che farmi soffrire.

Intanto le mie ginocchia hanno smesso di rimbalzare l’una contro l’altra, mi tiro su e vado un po’ a vedere se:

  1. la strada per la quattro è veramente ovvia e agevole come sembra nel disegno;
  2. il sentiero che conduce alla cinque è percorribile;
  3. il masso che indica quando lasciarlo è evidente;
  4. la radura della sei è davvero così poco inclinata come pare;
  5. la vegetazione per la sette è amichevole come l’hanno dipinta;

Tratte da 3 a 7 del percorso di orienteering WB della gara a Grivce di Lipica Open 2015

Alla sette faccio un po’ su e giù sul sentiero guardando verso le pietre fra le quali dovrebbe essere la lanterna, senza capacitarmi del perché non la vedo.

“Arrivare fin qui è stato molto facile, perciò di sicuro sono nel posto sbagliato, infatti la lanterna non c’è” – penso, e mi remeno su e giù per capire dove mai potrei essere finita, senza riuscire a trovare altro posto possibile di quello in cui già sono.

Non mi passa neanche per l’anticamera del cervello che di solito le lanterne sono posate sul lato dell’oggetto che le identifica opposto rispetto alla direzione presumibile di arrivo, proprio per evitare che gli atleti le vedano da lontano e le raggiungano con un orientamento alla cazzomannaggia, e che pertanto, se ho fatto la scelta giusta, è corretto che io non la veda da lontano, così zampetto lì sotto cercando di sbirciare fra le rocce, finché un refolo di vento non mi rivela la presenza dell’ambito telo.

Fossi andata a vedere subito avrei risparmiato un sacco di tempo.

Al colmo della fiducia nelle mie capacità di navigazione, per la otto, pur vedendo che c’è un’autostrada a tre corsie che conduce ad essa, scelgo di passare per i gialli, che permettono di ridurre sensibilmente il chilometraggio, peraltro finora abbastanza contenuto, per i miei standard.

Una delle ragioni per cui opto per i campi gialli è che non sono poi così sicura che si possa transitare sulla strada che si infila nel verde privato, ma la principale è che ho visto la via che prevede di attraversare solo recinti con un baffetto solo, ho immaginato che fosse quella pensata dal tracciatore e mi sono sentita l’orifiga più figa del mondo.

Scavalcato, non senza qualche difficoltà, il primo dei recinti attraversabili, devo affrontare due realtà inaspettate:

  1. Il concetto di “attraversabile” è tarato sul Gufetto dei Grigioni o qualche altro sciamannato par suo, ma di certo non su di me. Mi ci vogliono sì e no tre minuti d’orologio per oltrepassare la recinzione al bordo del rigagnolo, di questo passo la scelta – che prevede altri due scavalcamenti – si rivelerà lentissima.
  2. La facoltà di passare nelle aree delimitata dai recinti è un’opinione del cartografo, che palesemente non coincide con quella del padrone dell’appezzamento.

C’è un trattore col motore acceso, le mucche sono agitate e ho la netta sensazione di essermi intrufolata in casa d’altri.
Dubito di essere la prima a essermi infilata in quello che si è rivelato un terreno privato che più privato non si sarebbe potuto e non è inverosimile che il fattore sia andato a liberare il cane.

È opinione diffusa che nell’emergenza si scoprano energie e capacità che non si sospettava di avere; io mi fido di questa opinione per sentito dire e non ci tengo a scoprire quanto forte riesco a correre inseguita da un toro furente che vuole infilzarmi le chiappone, così le porto al più presto fuori dal giallo proibito, andando a finire sul sentiero che – a ‘sto punto – avrei fatto meglio a imboccare da subito.

Non si cambia scelta di percorso a metà – lo so benissimo! – ma non conosco lo sloveno a sufficienza per spiegare la situazione ai Bonanza di Ajdovščina.

Orienteering-Grivce-Lipica-Open-2015-04

Per andare alla nove torno sul sentiero che ho percorso poco prima e, al bivio, giro per quello che segue il corso del fiumiciattolo, perché dalla zona dove sentiero e linea elettrica si incrociano, il verde in direzione del punto sembra veramente troppo verde per le mie capacità.

Sono già decisa ad andare alla dieci tornando sui miei passi, ma giunta sul punto vedo un sacco di atleti che procedono baldanzosi, così mi dico che evidentemente dev’esserci un passaggio che a me è sfuggito, e penso che valga la pena andare a dare un’occhiata.

Deduco, dopo una manciata di metri, che sono dei pazzi, o si sanno smaterializzare come ninja, perché davanti a me io vedo solo una catasta di rovi alta il doppio di me, fitta come al trama di un colino. Vado, senza indugio, a riguadagnare il mio amico sentiero, per la via meno pungente che trovo.

Non ho altra scelta che scendere – con estrema cautela –  costeggiando la tubatura. Dato che non ho tenuto una velocità irresistibile, mi concedo anche una capatina a nord, per studiare il miglior percorso per la lanterna di un M10 sloveno che parlava inglese meglio di un sacco di laureati che conosco.

Il verde è ancora troppo verde, il mio piano è di attaccare la decima lanterna da sotto, lungo la radura. Dopo alcune ore in discesa lungo il tubo, è quasi fatta, mi basta passare sulla cento esponendomi al ludibrio degli organizzatori, e andare a punzonare.

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… ma tra me e la cento c’è un ponte precolombiano con le traversine spezzate per attraversare il quale bisogna camminare sul bordo interno, l’unico che poggia sul cemento. Tutti gli altri corrono soavi dove capita, ma tutti gli altri non sfiorano il quintale.

Ad ogni modo, torno su per la radura – disseminata in modo sinistro di gusci di lumache – punzono, mi giro, e c’è una tizia con le fossette e la Go-Pro che deride il mio approccio alla lanterna; nella mia sconfinata superiorità, mi presto alla farsa e me ne vado, ché c’è della Bevog alla spina che mi aspetta all’arrivo.

Orienteering-Grivce-Lipica-Open-2015

Ovviamente, essendo stata io in gara un filino più del necessario, quando siamo arrivati al bar, la Bevog alla spina era finita.

L’orienteering è un fidanzato stronzo, che mi fa solo del male.

… ma in bottiglia, nel bar dell’ostello del centro dei giovani di Ajdovščina, cioè alla periferia di una città di neanche 7.000 abitanti in una nazione che la maggior parte delle persone confonde con la Slovacchia, hanno la Brew Dog.

L’orienteering è un fidanziato stronzo, che sa come non farsi lasciare.

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