Due su Tre giorni delle Trincee

On 31 Luglio 2014, in Orienteering, by Larry

Alla Tre Giorni delle Trincee – quella con quel bel logo tanto elaborato che già spopolava sui parabrezza a Lipica – partecipiamo solo per gli ultimi due terzi.
Trascorriamo, infatti, il sabato nell’amena Tonadico, con la Regina della Bussola e il Principe Consorte, snobbando la gara del centro storico, credo principalmente perché era l’unica che avevo chance di finire, e perché “l’orienteering si fa nel bosco, il resto è il sintomo del decadimento della società occidentale“.


[veduta della Val Canali, disponibile qui]

Sono molto motivata a prendere parte a questa manifestazione.
Quasi insisto con Zzi affinché ci andiamo. È ovvio che la ragione della mia presenza sui campi di gara di Monte Zebio e Barricata non sia l’orienteering, bensì il desiderio di assistere personalmente al trionfante epilogo di una storia andata avanti per mesi.

Se non sapete di cosa parlo (come fate a non saperlo? Che orientisti siete?), trovate
qui l’accaduto
qui gli sviluppi
e qui l’inevitabile conclusione.

 

Purtroppo, qualcuno – che, se lo becco, lo corco – ha anche organizzato delle gare di orienteering di contorno allo scherzo a Coso, e io ho capito troppo tardi che, in realtà, tutta la storia di Catherine Taylor era una macchinazione per fare uno scherzo a me che, boccalona come nessuno, ci sono cascata dentro con tutte le scarpe, iscrivendomi alla competizione.

Ho fatto undici punti in due gare: otto a Monte Zebio e ben tre a Barricata.
Se non altro, ho preso le cartine da mostrarvi.

Monte Zebio – Domenica 1° giugno

Orienteering-Monte-Zebio-Trincee-2014-WA

Nel recarci al campo gara, ci fermiamo a fare una sosta tecnica in un bar in cui sta facendo colazione Gueorgiou (non imparerò mai come si scrive, e di base fottesega), i cui benèfici influssi investono i presenti.

Siccome arrivando ho sofferto la macchina, resto a passeggiare come una mignotta nel parcheggio e non ricevo la benedizione gallica, neanche quando il Principe Consorte mi esorta a entrare, perché mi rifiuto con sdegno di andare a vedere le scimmie allo zoo.

Per un attimo, mi balena l’idea di fare la sceneggiata, sventolare la tessera della biblioteca e farmi rilasciare un’intervista, solo per fare colpo sui presenti con la mia disinvoltura, ma poi mi sovviene che non sarei stata in grado di fare domande più tecniche di “Il cappuccino ti piace con o senza zucchero?”, e lascio perdere.

È dunque solo a causa di un orikarma divenuto infausto per aver snobbato il campionissimo che non sono riuscita a completare con successo due gare altrimenti alla mia portata.

Il sentiero di partenza di Monte Zebio, a circa settemila metri sul livello del mare, tutti spalmati fra il ritrovo e i cancelli, è una bella piscina di fango.

Ricordo che in passato, con l’Idolo di Gropada, si ragionava su una formula per rendere l’orienteering più attraente: una vasca per la lotta nel fango, dove far scannare le W20 in bikini, circondata da un bancone punteggiato di spine di birra.
C’è ancora da lavorare sul bancone, la birra e le W20, ma vedo che colla vasca di fango siamo a buon punto, mi compiaccio.

Faccio le prime lanterne con una certa disinvoltura.
Non è che proprio “sto andando bene”, ma non sono neanche completamente lost in the flood come altre volte.
Il terreno è insidiosissimo, di conseguenza veleggio sui 45-50 min/km e ho tutto il tempo di tenere il segno di dove sono (ciononostante, sbando comunque un po’ troppo).

Orienteering-Monte-Zebio-Trincee-2014-WA-01

 

Eccellente la strategia per la sesta lanterna: individuare la roccia e scendere lasciandola alla propria sinistra.
Tragicamente, nell’individuare incontrovertibilmente la roccia, noto – alla sua sinistra – una lanterna, che non è la mia, che non può essere la mia, che mi allontanerebbe dalla traiettoria per la mia.

Ma chi sono io per dire di essere nel posto giusto e che quella non è la mia lanterna?
E se avessi clamorosamente cappellato l’individuazione di una roccia talmente riconoscibile che mancava solo che me la verniciassero di arancione?
Vado a dare un’occhiatina al codice, constato tutta felice che non è la mia e torno a dirigermi alla mia sei, solo marginalmente dandomi dell’idiota per essermi volontariamente dislocata.

Poi, alla sette – in effetti – “bazilo” un po’ – che in triestino vuol dire “impazzire”, nel senso di “sbattersi”/”diventar matti a cercare” – ma non è che proprio faccio il casino che mostra il tracciato GPS, come è evidente dalle traiettorie troppo nette.

Quando trovo la otto sono già in ansia da pendenza, ma provo lo stesso a scendere di qualche curva lungo il sentiero, che dovrebbe essere la via più sicura.

Può essere che abbia scambiato una canaletta per il sentiero (lo faccio sempre) e non abbia provato a scendere per la strada più semplice, fatto sta che ho ritenuto la pendenza eccessiva per la mia destrezza e ho optato per fare un regalo al mio dentista: riportarli gli incisivi intatti nei loro consueti alloggi, grazie a un onorevole ritiro.

Orienteering-Monte-Zebio-Trincee-2014-WA-02

 

Il bilancio della giornata è comunque estremamente positivo: ho gli arti attaccati al corpo e i miei pochi denti sono ancora in bocca; inoltre, ho conosciuto un nuovo Dario, più concentrato di quello lungo, ma altrettanto adorabile.
Nuovo Dario si mostra molto premuroso, oppure ha capito alla prima occhiata di avere a che fare con una subnormale che necessita di maggiori cure.

 

L’indomani è la volta della fantomatica

 

Barricata di Grigno – Lunedì 2 giugno


[Questa sono io in barrique, per chi non capisse il mio umorismo]

“Vieni a Barricata, vedrai, è una conca gialla, ed è un posto bellissimo”.

Anche la diffusione di questa falsa credenza faceva senz’altro parte di un divertente piano per farmi uno scherzo, tant’è che Zzi ha cercato di farmi notare che era improbabile fare tutto quel dislivello in una conca prativa, e che di lussureggianti boschi a mille metri di quota è piena la Slovenia, ma… quale moglie dà retta a quel che dice il proprio marito?
Gli altri dicono che Barricata sia una bella carta e un terreno agibile, quindi io mi fido ciecamente degli altri, indipendentemente dal fatto che circolino già, nei supermercati di Veneto e Trentino, i cartoni del latte con la mia faccia sotto la scritta “missing“.

Orienteering-Barricata-Trincee-2014-WA

Dalla partenza si intravede, in lontananza, una chiazza bianca sul sentiero.
“Guarda, c’è la neve” – dice il Principe Consorte.
“Naaa, mi prendi in giro; è un telo di plastica buttato là, dai, non ci casco mica” – replico.

Dopo aver rischiato di partire tardi perché troppo presa dall’aspetto sociale dell’evento (mia sola consolazione), prendo una carta su cui non si sono dimenticati semplicemente di stampare il triangolo, come spesso credo, bensì hanno omesso tutto il tracciato.
Aguzzando la vista, ammetto che c’è qualche segmentino magenta sequadrato in un angolo.

Mi avvicino cauta alla chiazza bianca, che continua a sembrare neve e non ne vuole proprio sapere di assumere aspetto e consistenza della plastica.

Tutti corrono giulivi come cerbiatti, io sembro un artificiere.
Distinto il pratino alla mia destra con il solo guizzo di orienteering della settimana, abbandono l’infingardo sentiero e mi getto fra le braccia aperte dell’ignoto della scala a 15.000.

Già nel bosco di Barricata non c’è un cazzo che aiuti a orientarsi, tipo – che so? – un muretto carsico, una fitta rete di sentieri, qualche dolina… niente; per giunta, la carta a 15.000 ha – com’è ovvio – meno particolari della per me consueta 10.000; aggiungete che non avevo mai visto una 15.000 in vita mia, ed ecco che diventa chiaro che, per me, fare la gara con la carta da orienteering di Barricata o con quella da parati a violaciocche è uguale.

Alla uno mi avvicino abbastanza, ma poi chiedo l’aiuto del pubblico per trovarla, e ci vado solo dopo che ho visto altre sei persone infilarsi fra le rocce.
Trascorro, poi, un certo lasso di tempo abbracciata a un albero, in attesa che gli agenti atmosferici erodano la montagna fino a trasformarla in una comoda pianura, poi mi faccio coraggio e mi avvio per quella che suppongo essere la direzione della due.

Orienteering-Barricata-Trincee-2014-WA-01

La grandine non ferma il mio cammino verso la tre, ma poi il freddo e la totale incapacità di capire dove sono e dove sto andando arrestano quello verso la quattro, così, in un punto imprecisato fra il nulla e l’addio, punto a sud e a ritirarmi, immedesimandomi molto nell’uomo e nel bambino de La Strada che, nel loro disperato peregrinare postapocalittico, sanno che, se c’è una speranza di sopravvivenza, è a sud.
Spero di finire come il bambino e non come l’uomo.

Orienteering-Barricata-Trincee-2014-WA-02

Non riconosco neanche il sentiero per l’arrivo, così lo faccio su e giù un po’ di volte, prima di convincermi che sia quello giusto, ma, alla fine, tutto è bene quel che finisce bene: dopo due ore di gara e tre punti, arrivo in tempo per cambiarmi, bere una roba calda, recuperare l’uso degli arti superiori e raggiungere lo Speaker, quando lui ha giusto liquidato un logorroico Francese pelato, e possiamo blindare una bionda a caso, spacciandola per Catherine Taylor.

In fondo, è per questo che siamo venuti, no?

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1 Response » to “Due su Tre giorni delle Trincee”

  1. […] poi piove come solo alle vere gare di orienteering; più freddo di così l’ho preso solo a Barricata nel 2014 e a Campo Delta nel 2012. Zzi maschera bene il panico quando mi lamento perché ho gli occhiali […]

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